Nella speranza di non dover chiedere ancora #veritàper
di Grazia Enerina Pisano
Figlio mio, perché anche tu? Patrick George, perché anche a te?
Giovedì 6 febbraio la polizia egiziana ti ha accolto all’aeroporto del Cairo con un mandato di custodia cautelare di 15 giorni: una carcerazione preventiva che, da occidentale, mi riesce tanto difficile capire. Dicono che il mandato di cattura fosse stato emanato da tempo ma come facevi a non saperlo? Chissà se sei riuscito almeno a salutare i tuoi genitori come speravi.
Fascicolo 7245, le cinque accuse a te imputate: propaganda terrorista a mezzo internet, diffusione di fake news via social, istigazione alla protesta, sovvertimento e attacco al sistema politico e alla sicurezza nazionale, ingiurie al governo egiziano. Sei una vera e propria minaccia all’ordine pubblico che, nel migliore dei casi, ti porterebbe all’ergastolo: sai bene quale sia la soluzione peggiore, non devo di certo spiegartela io.
Ma dico, come hai potuto pensare anche solo per un secondo di poterti opporre al regime del presidente Al-Sisi sostenendo Khaled Alì nella sua campagna politica: quell’avvocato che pensa di poter denunciare gli abusi della polizia egiziana in nome dei diritti umani. Tu, studente di 27 anni, iscritto al Master GEMMA dell’Università di Bologna: studi di genere, diritti delle donne, diritti LGBTQI+, diritti di tutti.
Ma chi te l’ha fatto fare! Ma poi per chi? Per cosa? In nome di cosa?
Della libertà forse? Tu ce l’avevi la libertà: la libertà di svegliarti la mattina, la libertà di vedere il sole, la libertà di sentire il profumo dei sapori, la libertà di ascoltare il canto delle prime rondini in volo di questa prematura primavera, la libertà di correre sul prato al vento, la libertà di amare… e, invece, hai voluto anche la libertà di cercare.
Ah questa ricerca quanto è sopravvalutata. Tanti, troppi sono morti in nome della ricerca.
Pensa a Giulio, la sua storia non ti ha insegnato niente? Giulio che in questo inizio del 2020 abbiamo già ricordato: era il 25 gennaio 2016 quando venne rapito dai servizi di sicurezza del governo di Al-Sisi al Cairo; era il 3 febbraio 2016 quando il suo corpo senza vita è stato ritrovato nella strada del deserto che dal Cairo conduce ad Alessandria. Era un dottorando italiano dell’Università di Cambridge e si trovava in Egitto per fare delle ricerche riguardo la difficile situazione dei sindacati indipendenti egiziani dopo la crisi del 2011. Ricerche e scritti: denuncia. Anche lui cercava, ricercava, denunciava. Anche lui è stato torturato, anche il suo corpo è stato martoriato. Giulio tentava di smuovere il fango, quello stesso fango che poi l’ha travolto. Quella stessa merda che poi lo ha ucciso.
Perché la vita ti aveva offerto la possibilità di svegliarti la mattina in piena tranquillità, la possibilità di vedere il sole in piena tranquillità, la possibilità di sentire il profumo dei sapori in piena tranquillità, la possibilità di ascoltare il canto delle prime rondini in volo di questa prematura primavera in piena tranquillità, la possibilità di correre sul prato al vento in piena tranquillità, la possibilità di amare in piena tranquillità.
Potevi, in piena tranquillità, coltivare il tuo orticello, nella tua piccola area di mondo, conducendo una vita tranquilla e sicura. Sicura e tranquilla. Sicura, soprattutto.
E, invece, hai voluto anche la Libertà.
La Libertà di ricercare.
La Libertà di lottare.
La Libertà di scegliere da che parte stare.
La Libertà di domandare.
La Libertà di pensare.
La Libertà di parlare.
La Libertà di Vivere.
E la Libertà, alle volte, si paga: perché la Libertà dalle montagne di merda non è tollerata.
#libertàperPatrickGeorgeZaky