Quei fantasmi che mai avrei pensato potessero essere anche i miei

Perché essere femministe fa male

di Grazia Enerina Pisano


Leggere “Il secondo sesso” di Simone de Beauvoir fa male, anche se sono passati 72 anni dalla prima pubblicazione dell’opera, anche se siamo figlie del XXI secolo, anche se gridiamo a gran voce di non esserci mai sentite discriminate in quanto donne. 

Ma le parole di Simone de Beauvoir arrivano dritte al cuore e il suo dito puntato ci fa tremare tutte.

Perché Simone de Beauvoir non giustifica niente e nessuno: né le donne narcisiste, né quelle innamorate; né le donne etero, né le lesbiche; né le donne religiose e neanche le mogli; né le madri e né le figlie. E neppure le donne indipendenti. 

Perché Simone de Beauvoir passa in rassegna l’intera storia delle donne, mostrando come, fin dall’età della pietra, e così per secoli, questa sia sempre stata in mano agli uomini, alle loro decisioni e alle loro concessioni. E se i grandi nomi, quali quelli delle regine Isabella di Castiglia, Elisabetta I o Caterina II potrebbero dimostrare il contrario, le loro grandi imprese non furono di certo dettate dal loro ruolo di donne ma dall’essere sovrane: condizioni eccezionali dunque.  

Perché se l’identificazione dell’umanità intera con il termine ”Uomo” può apparire come un’affermazione neutrale, di fatto secoli di storia fatta da “uomini” e di “uomini” colorano l’affermazione di giochi di potere troppo spesso invisibili, ma duraturi, che hanno contribuito a relegare le donne in un ruolo di “oggetto”, immanentemente “altro” rispetto al soggetto, trascendentalmente “uomo”. 

Atteggiamento ipocrita sarebbe ignorare i miglioramenti della condizione femminile, figli di battaglie e mai di rivoluzioni.

Ma certe questioni, evidenziate da Simone de Beauvoir in quell’opera diventata “Bibbia” della questione femminile, rimbombano a distanza di decenni più forti che mai, obbligandomi a mettere in discussione il mio vissuto, troppo spesso considerato come “naturale” e “ovvio”. 

Così oggi mi chiedo: “Quante battaglie dobbiamo ancora combattere per vincere la guerra? Per essere, finalmente, riconosciute come “esseri umani”?”

E quei fantasmi che mai avrei pensato potessero essere anche i miei, da un po’ di tempo, hanno cominciato a esistere pure per me, facendo tremare tutte le mie certezze di giovane donna privilegiata del XXI secolo, capaci di rimettere in discussione l’intero sistema sociale, educativo e culturale, di noi donne e uomini. 

Perché Simone de Beauvoir mi fa ripensare a tutte le volte in cui mi è stato detto di sedermi composta, sopratutto se indossavo una gonna. 

A tutte quelle volte in cui ho voluto giocare a calcio con i miei compagnetti maschi, mentre tante altre bambine rimanevano a fare il tifo in panchina, quasi fosse “naturale” assumere quel ruolo.

A quando ai miei amichetti è stato detto di non piangere perché gli uomini non piangono e a me è stato insegnato come ridere, non troppo forte e non in maniera sguaiata, per evitare di sembrare  una sciocca. 

A quando le bambine aiutavano ad apparecchiare insieme alla madri, mentre gli uomini parlavano di affari. 

A quando le mie compagne nascondevano gli assorbenti nel periodo del ciclo e i maschi inorridivano alla sola vista, come se ancora fossimo “impure”, come se ancora vivessimo negli anni Cinquanta, quando una donna con le mestruazioni non poteva partecipare alla preparazione del pane perché “sennò non avrebbe lievitato” e tanto meno fare la maionese, per evitare che le uova impazzissero. 

A quando i ragazzi si vantavano delle prime esperienze sessuali, conferma del proprio valore, e la ragazza della scuola con una vita sessuale più attiva delle altre veniva additata da tutti e tutte come “puttana”. Perché l’insulto preferito nei confronti di una donna antipatica, di cui spesso si è invidiose o si ha paura, è “troia”, mentre un uomo è sempre “stronzo”. 

E così la verginità, a distanza di secoli, rimane comunque sacra, da concedere al prescelto, a quello giusto. E tutt’oggi in alcuni paesi del mondo (e fino a qualche decennio fa anche in Italia), dopo la prima notte di nozze, viene esposto il lenzuolo, prova tangibile della purezza della ragazza, appena diventata “donna”. 

Perché il sesso per gli uomini è coestensione della vita personale e sociale, una cosa naturale; mentre per le donne, ancora oggi, la sola masturbazione continua a essere un tabù: una pratica sconosciuta a tantissime giovani donne, come se il sesso non le riguardasse, ridotte al solo ruolo di oggetto di desiderio da soddisfare.

E in piena pubertà ai ragazzi viene fatto il discorso sui rapporti sessuali e sull’utilizzo delle eventuali precauzioni, mentre si spera che le ragazze imparino da sole, prima che sia troppo tardi, quasi non si volesse ammettere che anche queste sono fatte di carne, ormoni e bisogni fisiologico-sessuali, proprio come gli uomini.

E le donne non sanno parcheggiare e gli uomini non sanno stirare. 

I lavori di casa sono “compiti da donna” e se uno dei due deve lavorare, meglio che sia l’uomo a portare la pagnotta a casa. 

Perché tutti, senza distinzione di genere, continuiamo a fidarci più degli uomini che delle donne e un uomo avvocato ci sembra più competente di una donna, “ché chissà come ci è arrivata lì” e ci rincuora se rimane a fare la segretaria. 

Simone de Beauvoir mi fa ripensare a quando mi è stato detto che una donna ubriaca è peggio di un uomo sbronzo perché la “donna ha sempre la peggio”, come se eventuali violenze dipendessero da lei e non dalla bestialità dell’altro.

A quando ho dovuto sentire: “Se l’è cercata” dopo una notizia di stupro. 

A quando ho avuto paura di tornare a casa da sola di notte, dopo aver salutato i miei amici che con il cuore leggero si avvivano dalla parte opposta. 

E io ho afferrato le chiavi e ho accelerato il passo, “ché non si sa mai”. 

A quando sono stata fischiata per strada, soltanto perché indossavo dei pantaloncini corti in piena estate, con 40 gradi. 

A quando mi è stato detto che è giusto che gli assorbenti siano tassati al 22% di IVA perché le “donne potrebbero tranquillamente vivere senza” e ho cominciato a chiedermi come potesse essere possibile, senza avere ancora trovato una risposta. 

Perché un uomo sovrappeso non viene discriminato quanto una donna che, relegata alla stregua di oggetto indesiderabile, incapace di risvegliare la libido maschile, viene così privata della sua condizione di essere umano. 

Perché un uomo adulto un po’ brizzolato, come il vino, matura invecchiando, mentre una donna deve aggrapparsi al tempo che scorre, in una lotta inesorabilmente senza vittoria contro l’invecchiamento, la pelle cadente e i capelli bianchi. 

Perché noi donne pensiamo costantemente all’Amore, sogniamo di innamorarci e aspettiamo il principe azzurro, forse per paura di restare sole: perché un uomo single è “figo” e una donna sola è “patetica”. 

“Perché chissà quante ragnatele lì sotto”. 

Perché mi chiedo quanto dovremmo aspettare prima di conoscere un Capo dello Stato donna o una Presidente del Consiglio; e quanto tempo dovrà passare prima che le donne, a pari merito e a pari livello lavorativo, siano pagate quanto gli uomini, soprattutto nel settore privato.

E i tempi moderni non sembrano di certo andare nella giusta direzione.

Perché, secondo i dati Istat, durante la pandemia su 101mila nuovi disoccupati, 99mila sono donne: il 98% di coloro che hanno perso il lavoro.

Perché a distanza di 43 anni dalla promulgazione della legge n°194 del 22 maggio 1978, ratificata nel referendum del 1980, circa il 70% dei ginecologi italiani, dunque 7 su 10, attualmente sono obiettori di coscienza; perché molti medici si oppongono alla prescrizione della pillola anticoncezionale, perché tanti farmacisti si rifiutano di venderla (nonostante la ricetta medica) e perché la giunta della regione Marche capeggiata da Fratelli d’Italia ha deciso di vietare l’uso della pillola abortiva RU 486 nei consultori. 

Perché in Italia viene uccisa una donna ogni tre giorni, tra femminicidi e femminicidi-suicidi. 

Perché Simone de Beauvoir mi porta a chiedermi cosa significhi essere donna. Forse essere vagina-dotate? 

E cosa significa essere uomo? Forse essere pene-dotati? 

“Donne non si nasce, lo si diventa”, scriveva nel 1949 Simone de Beauvoir. 

E io oggi mi chiedo come lo si diventi: forse diventando madre? Forse diventando moglie? Forse diventando lavoratrici autonome o assumendo un ruolo sociale di prestigio?

O forse, semplicemente, si diventa donne diventando esseri umani. 

Semplici esseri umani. 

Perché è inutile lottare per qualsiasi diritto, sia questo di voto o uguale paga salariale, se, ancora oggi, nel 2021, alle donne non viene assicurato il diritto alla vita. 

Alla semplice e sola esistenza. 

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